Un voto che può cambiare l'Europa
In genere il voto per le elezioni europee, più di quello per le
politiche, non è mai stato solo un voto d'opinione, ma quasi sempre l'espressione
di uno stato d'animo dell'elettorato. E' stato così anche in passato quando ad
essere premiati nelle elezioni europee erano movimenti come la Rete o partiti
non strutturati come i Radicali. Quando i temi del dibattito non sono locali,
il voto riflette lo stato d'animo del Paese. E dopo una lunga crisi economica
che dura da oltre cinque anni e che nelle politiche economiche europee non ha
trovato risposte, era prevedibile una
reazione dell'elettorato di tipo nazionalistica o populistica.
E' stato così anche in passato. Nella storia europea alle grandi crisi
economiche è seguita sempre una fase politica reazionaria, dove la risposta
alla crisi da parte della popolazione impoverita ed impaurita è stata quasi
sempre irrazionale. Alla prima lunga recessione del 1873 segui la fase
reazionaria di fine secolo, alla grande depressione del '29 seguì il dilagare
in Europa di movimenti fascisti e nazisti. La crisi del 2008 ha allargato enormemente
il consenso di partiti nazionalisti, ultraconservatori e razzisti.
In Francia, il Front National di Marine Le Pen col 26% è il primo partito,
l'Ukip di Nigel Farage in Gran Bretagna è anche il primo partito con il 30,5%,
i neonazisti di Alba Dorata hanno preso il 9% e sono il terzo partito in
Grecia, in Danimarca il primo partito (Danish party) è nazionalista e contro
gli immigrati, in Finlandia il partito nazionalista dei Veri Finlandesi è terzo
col 13,2%, in Austria i populisti dell'FPO sono il terzo partito con il 19,9%,
in Ungheria una formazione politica antisemita, Jobbik, col 15% è il secondo
parti to dietro i conservatori.
Qual è la base elettorale di questi partiti nazionalisti? Quasi sempre
ceti popolari, operai, ceti medi impoveriti e giovani disoccupati, poco
istruiti, rancorosi e senza una consapevolezza politica dei problemi e delle
soluzioni: la colpa è sempre dello straniero e dell'Europa che gli permette di
circolare liberamente. In fasi recessive
lunghe come quella che abbiamo attraversato, è il ceto medio impoverito che
diventa politicamente il bacino di consenso dei partiti reazionari.
L'Europa, col suo eccesso di austerity, regole e burocrazia ha dato il
suo contributo all'esasperazione di quella parte della popolazione più colpita
dalla crisi. Se negli USA la reazione alla crisi è stata diversa, la ragione
sta nelle diverse risposte che nei due continenti sono arrivate per contrastare
gli effetti della crisi economica-finanziaria del 2008. La FED ed il governo
Obama con una politica fiscale e monetaria espansiva, la BCE e la Commissione
Europea sempre attente solo all'inflazione ed al rispetto dei parametri di
stabilità finanziaria dei diversi Paesi dell'Unione.
Perché in Italia
l'elettorato ha premiato il PD ed il suo segretario-premier con un consenso in
termini percentuali storico? Innanzitutto per le stesse ragioni socioeconomiche
che negli altri paesi hanno visto crescere il consenso dei partiti
euroscettici. Con il famoso provvedimento degli 80 euro Renzi ha tranquillizzato e dato speranza proprio a quel ceto medio
impoverito che, negli altri paesi, si è spostato su posizioni reazionarie.
Quel ceto che negli ultimi sei anni ha visto ridursi sempre più il proprio
potere d'acquisto, avvicinandosi sempre di più alla soglia di povertà, con i
provvedimenti di Renzi ha percepito che si può sperare in un cambiamento di
rotta, e che bisogna dare fiducia a questo nuovo premier. Se a questa ragione
socioeconomica se ne aggiungono due politiche (la frantumazione del
centrodestra e l'aggressività insulsa di Grillo) si comprende perché la
congiuntura politica è stata favorevole al PD ed a Renzi.
Ovviamente questo non significa che il PD abbia
aumentato strutturalmente il proprio consenso. Si tratta appunto di una
favorevole congiuntura nella quale gli elettori hanno affidato le loro speranze
nel progetto di Renzi. Per consolidare tale risultato il PD ed il suo premier
devono riuscire a far uscire dalla stagnazione economica l'Italia con quelle
riforme che permettano al Paese di superare i propri limiti strutturali (poca
ricerca ed innovazione, produzioni a basso valore aggiunto, mercato del lavoro
poco dinamico che valorizza troppo poco le competenze).
Ma il voto italiano è importante
soprattutto per l'Europa. Sia per il fatto che è stato premiato un partito
al governo decisamente europeista, mentre si sono arginati i consensi degli
euroscettici. Ma sono soprattutto perché le dimensioni di tale consenso al
Premier che guiderà come Presidente il prossimo semestre del Consiglio Europeo,
per la prima volta da quando è nata l'UE, ci permetteranno di presentarci con forza
ed autorevolezza davanti ai paesi dell'Unione ed a provare cambiare la politica
economica adottata fino ad oggi dalle istituzioni europee.
Dai trattati di
Maastricht in poi la politica economica
europea si è attenuta sempre ai principi della scuola economica dominante
dagli anni '80: i monetaristi. Secondo i quali lo Stato non deve intervenire in
economia, lasciando ai mercati il compito di allocare efficientemente capitale
e lavoro. Per tali ragioni la politica monetaria della BCE ha avuto sempre come
obiettivo solo quello di tenere bassa l'inflazione (inflation targeting) e l'UE ha avuto pochi strumenti a disposizione
nei casi di shock asimmetrici. La crisi economica del 2008 ha messo seriamente
in discussione l'approccio monetarista. Senza
una politica economica espansiva difficilmente l'UE raggiungerà i tassi di
crescita degli USA. E una lunga stagnazione potrebbe aumentare ancora i
consensi degli euroscettici e fare implodere definitivamente il progetto di
un'Europa unita. Per evitare tutto ciò è necessario una maggiore integrazione:
armonizzazione delle politiche fiscali e una vera Banca Centrale Europea. Ma
soprattutto una nuova politica economica rivolta alla crescita dell'occupazione
ed allo sviluppo dei territori. In questo contesto il ruolo dell'Italia, del PD-PSE
e di Renzi può diventare decisivo. Se riusciremo ad essere all'altezza della
sfida, la nuova Europa parlerà italiano!