Lo spreco dei Fondi
Strutturali in Sicilia
In una fase di difficile
congiuntura economica come quella iniziata con la crisi finanziaria del 2009 e
con la drammatica condizione occupazionale nella quale si trova la regione
Sicilia (dal 2008 al 2014 si sono persi nell’isola oltre 124 mila posti di
lavoro), ogni risorsa economica a disposizione dovrebbe essere spesa per
fronteggiare la crisi e sostenere la crescita di produzione ed occupazione.
Cosa è avvenuto invece con l’ingente somma di fondi strutturali da investire in
infrastrutture materiali ed immateriali nel ciclo di programmazione 2007-2013?
Cerchiamo di capire quante risorse avevamo a disposizione all’inizio della
programmazione, quante ne sono state allocate nei PAC, quante ne sono rimaste
nei programmi regionali e quante ne rischiamo di perdere.
Cominciamo dall’inizio.
Nel 2007 l’Europa decide di mettere
a disposizione per il ciclo di programmazione 2007-2013 nella regione Sicilia circa
2,1 miliardi di Fondo Sociale Europeo
(FSE) e 6,5 miliardi di Fondo Europeo
per lo Sviluppo Regionale (FESR). Si chiamano fondi strutturali perché
dovrebbero servire entrambi per costruire le infrastrutture di base per rendere
più competitivo un territorio. Il FSE finanzia le infrastrutture immateriali
(formazione, istruzione e ricerca), il
FESR finanzia le infrastrutture materiali (strade, scuole, laboratori, porti e
ferrovie).
In sostanza oltre 8,6
miliardi da spendere dal 2007 al 2013 per lo sviluppo della regione insieme
alle altre risorse comunitarie (2,1 miliardi per il Piano di Sviluppo Rurale) e
nazionali (ex FAS, ora Fondi di Sviluppo e Coesione). Che fine hanno fatto
queste risorse?
Concentriamo la nostra
attenzione sul FSE. Per il FSE dai 2,1
miliardi iniziali, nel 2012 si decide, per evitare di perdere le risorse
non impegnate, di spostare parte della propria dotazione (452 milioni) nel Piano di
Azione e Coesione, uno strumento creato appositamente dal governo nazionale
(dal ministro Barca) per aiutare le regioni in difficoltà di spesa. In sostanza
il governo nazionale si riprende parte del cofinanziamento ai fondi
strutturali, ma contemporaneamente li mette a disposizione delle regioni per
appositi piani di spesa (in Sicilia si realizza il famoso Piano Giovani con queste risorse). Una partita di giro che permette
alle regioni di non restituire alla Commissione Europea le risorse non
impegnate.
Nel 2014 per le stesse ragioni, il FSE Sicilia effettua una
seconda riprogrammazione, spostando sul PAC altri 242 milioni di euro. In sostanza nel FSE 2007-2013 dei 2,1 miliardi
di euro, ad ottobre 2012 (insediamento del governo Crocetta) ne rimangono nel
FSE 1,39 miliardi, avendone spostati circa 700 milioni nel PAC. Queste risorse FSE vanno spese e
certificate entro il 31/12/2015, altrimenti dovranno essere restituite a
Bruxelles che le destinerà ai Paesi più virtuosi. A marzo di quest’anno rimanevano
da certificare ancora 389 milioni di euro del FSE 2007-2013. Considerato che in
6 anni e mezzo siamo riusciti a certificare solo 1 miliardo di euro di FSE
sembra arduo riuscire a certificare un altro 40% in 6 mesi. Pertanto il rischio
serio è di perdere risorse fondamentali in questa drammatica fase economica,
che potevano essere utilizzate per scuole, università e centri di ricerca
siciliani, evitando l’emigrazione forzata di laureati e ricercatori.
Ci sono ancora margini ristretti per salvare tali risorse,
tramite l’uso dei cosiddetti “progetti retrospettivi” (quelli che nelle passate
programmazioni erano chiamati progetti “sponda” o progetti “coerenti”) che
permettono di certificare nel FSE progetti già realizzati con fondi nazionali.
Ma per riuscire in questa operazione
complessa, che potrebbe liberare risorse per comuni, università e centri di
ricerca, serve innanzitutto la volontà politica, costruendo un gruppo di lavoro apposito che
si occupi esclusivamente della chiusura del programma FSE 2007-2013 e della
spesa e certificazione di questi 389 milioni di euro.
Considerato quello che è
avvenuto con le risorse del Piano Giovani (452 milioni) e del Piano
Straordinario per l’Occupabilità (242 milioni) – i circa 700 milioni dei quali
parlavamo prima, che ricordiamo sono risorse del FSE Sicilia, non spese in
tempo e trasferite nel PAC – non sarebbe la prima volta che la Regione
Siciliana riesce a perdere risorse importanti per l’economia. Infatti, il
governo nazionale, avendo verificato che di questi 694 milioni, al 31 dicembre
2014, eravamo riusciti ad impegnarne meno di 200 milioni, ha deciso nella legge
di stabilità 2015 di tagliarci 178 milioni per destinarli al finanziamento degli
sgravi contributivi previsti nel Jobs Act per gli assunti a tempo
indeterminato.
In sostanza, per i
ritardi nell’impegnare le risorse PAC a disposizione dal 2012 (cioè non ci
contestano di non averle spese, ma che in due anni e mezzo non siamo riusciti
nemmeno ad impegnarle) la Regione Siciliana ha perso 178 milioni di FSE. Altri
622 milioni, per le stesse ragioni, sono le risorse che il governo nazionale si
prenderà dal FESR. Quindi siamo riusciti nell’impresa di restituire poco più di
800 milioni di euro allo Stato per non essere riusciti nemmeno ad impegnarle,
che il governo nazionale impiegherà per sgravi contributivi senza dubbio molto
più utilizzati nel centro-nord rispetto al Mezzogiorno. Una perdita netta di
risorse, la cui responsabilità è dovuta principalmente all’instabilità politica
(tre governi in due anni) ed alla scarsa attenzione nell’uso di questi
strumenti (Fondi Strutturali) sempre più indispensabili per lo sviluppo,
soprattutto nella prospettiva di riduzione continua di trasferimento di risorse
ordinarie da parte del governo nazionale alle regioni.