Tra le ragioni per votare SI al Referendum Costituzionale, ce ne sono almeno due con ricadute molto importanti sull'economia del nostro Paese: la maggiore stabilità del sistema politico che riforma del bicameralismo perfetto e nuova legge elettorale possono portare; ed il ritorno di alcune competenze allo Stato modificando il Titolo V della Costituzione. Vediamole nel dettaglio.
1) Maggiore stabilità del sistema politico
Quanto durano
i governi nei Paesi sviluppati? e quanto in Italia? in Gran Bretagna, USA,
Germania, Spagna e Francia mediamente 4 anni. Cioè un premier con i suoi
ministri si insediano dopo che vincono le elezioni e vanno avanti sino a fine
mandato. In Germania, addirittura, i cancellieri, governano per cicli politici
e non per una o due legislature (Kohl dal 1982 al 1998, 4 mandati consecutivi,
la Merkel dal 2005 al 2017 con una probabile candidatura per altri 4 anni).
Qual è la durata media di un governo in Italia? 12 mesi. Dal 1948 ad oggi si
sono avvicendati 62 governi in 68 anni. Di fatto l'Italia è un Paese
strutturalmente "instabile". Cioè i governi hanno sempre avuto breve
durata, non solo nelle fasi di crisi economica o politica. Per questo nel
Parlamento già dagli anni '80 si è affrontato il tema del superamento del
bicameralismo paritario con vari tentativi di riforma.
Peraltro in
passato, con un sistema politico bipolare, i governi erano instabili, ma almeno
si potevano comporre politicamente. Cioè in una legislatura, cambiavano i
governi ma la maggioranza rimaneva più o meno la stessa. Adesso in un sistema
politico divenuto tripolare il rischio è
proprio che il sistema si blocchi e che si ricorra sempre di più a governi
tecnici o a grandi coalizioni che rappresentano entrambi le forme di governo
che allontanano maggiormente gli elettori dalla politica.
Con questa
Riforma, con la fiducia della sola Camera dei Deputati ed una legge elettorale
con premio di maggioranza, si fa un gran passo avanti verso un sistema politico
più stabile. Chi vince ha una maggioranza stabile e può governare senza
fibrillazioni continue per cinque anni.
Ma perché la
stabilità politica è importante? Innanzitutto perché solo un governo che dura
per un'intera legislatura può cercare di realizzare le riforme proposte in
campagna elettorale. Dopo cinque anni è abbastanza semplice valutare se il
governo ha fatto bene o male il proprio lavoro. Con un turn-over continuo di
premier e governo le responsabilità sono poco chiare tra i vari attori ed anche
questo contribuisce ad allontanare gli elettori dalla politica.
Ma soprattutto
la stabilità politica consente di programmare e spendere meglio le risorse per
investimenti. Ormai quasi tutte le risorse a disposizione di ministeri (nel
caso di governi nazionali) ed assessorati (per quelli regionali) non si trovano
nei bilanci ordinari ma nei programmi dei fondi strutturali. Per riuscire a
spenderle bene, vanno prima programmate (cioè articolate in bandi pluriennali)
e poi spese monitorando i progetti ed intervenendo sulle criticità. Ora se
mediamente un governo dura un anno, e quindi ogni 12 mesi cambiano anche
ministri o assessori, significa che nei pochi mesi nei quali un ministro rimane
insediato deve riuscire a comprendere bene i meccanismi di spesa dei fondi a
disposizione, programmare le risorse e pubblicare i bandi. Operazione che
generalmente supera i 12 mesi e che quindi ricomincia nuovamente col nuovo
ministro o assessore. E' per questo che i nostri ministeri e le nostre regioni
non riescono a spendere le risorse dei Fondi comunitari. Una maggiore stabilità
politica è correlata ad una maggiore efficienza ed efficacia della spesa.
C'è un terzo
aspetto importante economicamente della stabilità politica. Un premier che dura
quattro o cinque anni è un interlocutore stabile per gli investitori esteri. Se
un fondo internazionale vuole investire in una produzione in Italia, deve avere
la certezza che le politiche economiche di quel paese, interlocutori compresi, non
mutino rapidamente in un anno.
2) Rapporto
tra Stato e Regioni
Con la Riforma
costituzionale del 2001 e l'introduzione delle competenze concorrenze tra Stato
e Regioni, si sono aperti 1500 contenzioni davanti alla Corte Costituzionale.
Se nel 2000 la Corte trattava per circa il 5% delle sue sentenze di rapporti
Stato-Regioni, ora si è arrivati al 45%. Che significa un rallentamento di
tutta l'attività della Corte e tempi più lunghi per le decisioni. E dato che in
molti di questi casi si tratta di decidere la competenza su attività che
prevedono investimenti, significa anche che ci sono molte risorse pubbliche e
private, disponibili per investimenti, bloccate per i contenziosi tra Stato e
Regioni.
A questo
possiamo aggiungere che la Riforma in senso federalista del 2001 non ha portato
come si pensava ad una maggiore efficienza nell'organizzazione dei servizi
pubblici, ma ha comportato esclusivamente maggiori costi: dal 2001 al 2015 la
spesa sanitaria è cresciuta da 75 a 110 miliardi di euro.
Con la Riforma
del Titolo V che voteremo il 4 dicembre infrastrutture energetiche, porti,
aeroporti, energia, politiche attive, commercio con l'estero, turismo e sanità
torneranno allo Stato. Con importanti benefici economici soprattutto per i
cittadini. La competenza dell'energia nelle mani delle regioni ha comportato
spesso ritardi ed inefficienze che significano maggiori spese caricate sulla
bolletta energetica del Paese e pagate dai cittadini. Così anche per il
Commercio estero: le regioni per promuovere le proprie imprese hanno aperto 178
ambasciate italiane all'estero.
Un'ulteriore
aspetto economico rilevante è rappresentato risparmi che deriveranno
dall’abolizione del Senato, dalla cancellazione definitiva delle province e del
Cnel, dell'eliminazione dei rimborsi per i consigli regionali stimati attorno
ai 500 milioni di euro.
3)
Un Paese in grado di cambiare
Un altro elemento
molto importante nei mercati internazionali è anche la capacità di un Paese di
adottare riforme strutturali per divenire più moderno e competitivo
nell'economia globale: un Paese immobilizzato, incapace di cambiare, è senza
dubbio poco attrattivo per chi vuole investire risorse e per chi vuole
prestargli denaro. Tutti i partiti in Italia condividono il fatto che dobbiamo
riformare le nostre istituzioni, ma una volta che si presenta la possibilità di
farlo, nonostante due anni di dibattiti e votazioni in Parlamento, si dice che
è necessaria un'altra riforma diversa da quella proposta. Ora va chiarito che
se il 4 dicembre verrà bocciata questa Riforma Costituzionale, la prossima sarà
presentata forse tra una decina di anni. Infatti senza dubbio nei 14 mesi che
ci separano dalle elezioni del 2018 non ci sono i tempi per una nuova riforma.
E nel futuro Parlamento, con una Camera eletta con l'Italicum, il Senato col
proporzionale, e tre poli fortemente in contrasto tra loro, già sarà difficile
individuare una soluzione di governo. Quindi per una nuova fase costituente
dovremo aspettare forse il 2025.
Riuscire a
Riformare la Costituzione darebbe la possibilità all'Italia di presentarsi come
un Paese in grado di cambiare e pertanto molto più affidabile per le
istituzioni europee e per gli investitori internazionali.
In conclusione
una ragione strettamente politica, ma che ha anche delle conseguenze economiche.
Se ci guardiamo intorno, in tutti i Paesi occidentali sviluppati, la tendenza
politica è estremamente chiara.
In Inghilterra
governava un conservatore Cameron che dopo la Brexit ha lasciato la premiership
ad un Primo ministro ancora più a destra Theresa May; in Francia alle prossime
presidenziali avremo un ballottaggio tra la destra moderata di Sarkozy e quella
radicale di Le Pen; in Spagna governerà il moderato Rajoy, con un governo di
minoranza; in Germania se va bene rimarrà la Merkel Cancelliere, se va male
arriva al governo la destra estrema; e per finire negli USA diventa presidente
un miliardario, razzista e protezionista. Ora, in uno scenario politico che
guarda pericolosamente a destra, quella più estrema, nell'unico Paese con al
governo un partito di centro-sinistra, il PD, e con l'unico premier di
centro-sinistra, bocciando il referendum si aprirebbe una crisi politica al buio
che, dato il contesto, difficilmente potrà chiudersi con un governo più a
sinistra dell'attuale. Certo, se poi qualcuno pensa che Grillo o Salvini siano
meglio di Renzi, allora … buona fortuna!
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