venerdì 13 luglio 2012



L’ECONOMIA ILLEGALE: 
UN’OPPORTUNITÀ PER I CONTI DELLO STATO?

Un recente studio della Banca d'Italia1 stima che l'economia "non osservata" in Italia abbia rappresentato nel 2008 il 31,1% del Pil, crescendo di 6,4 punti percentuali in soli tre anni (dal 2006 al 2008).

Nel paper citato, inoltre, si effettua una stima separata delle due componenti che costituiscono la cosiddetta "economia non osservata"2: il sommerso economico (le transazioni legali ma nascoste al fisco) e l'economia illegale (le attività di produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibite dalla legge, e le attività che, pur essendo legali, sono svolte da operatori non autorizzati).
Il sommerso economico in Italia viene stimato dagli autori nel periodo 2005- 2008 in una media del 16,5% del Pil, valore confermato anche da un'altra ricerca dell'Istat3 che valuta i flussi di tali transazioni in Italia oscillanti tra un minimo di 255 miliardi di euro e un massimo di 275 miliardi nel 2008, pari rispettivamente al 16,3% e al 17,5% del prodotto interno lordo.
La seconda componente, l'economia illegale, stimata dagli autori dello studio secondo il metodo del Currency Demand Approach (Cda), rappresenterebbe in media tra il 2005 ed il 2008 circa l'11% del Pil italiano, in crescita di 3 punti percentuali tra il 2006 ed il 2008. Valore anche questo confermato dai dati Eurispes4, che per il nello stesso periodo ha valutato in oltre 175 miliardi di euro il volume di affari da attività illegali, corrispondente all’11,3% del PIL.
Mentre il sommerso economico – come è noto - viene contabilizzato nel calcolo del Pil nazionale, l'economica illegale, pur rappresentando una percentuale consistente di transazioni, non viene inclusa nei conti nazionali. Ora, quali stime possono proporsi per alcuni settori dell'economia illegale, quello degli stupefacenti, ad esempio, e quello della prostituzione; e quale contributo, ipotizzandone in astratto forme di legalizzazione, apporterebbero al miglioramento della performance di indicatori macroeconomici come il Pil ed al contrasto alle organizzazioni criminali?
Il mercato degli stupefacenti – la tesi è unanime - rappresenta per la criminalità organizzata il business principale, con un fatturato annuo di circa 60 miliardi di euro5. Alcune ricerche sostengono che un punto di vista squisitamente economico, i benefici di un intervento di regolamentazione risulterebbero significativi per l’erario (in Olanda ogni anno lo Stato incassa 450 milioni di euro di sole imposte dai coffee shop6), più occupati, emersione del traffico e quindi incremento del Pil, minori spese per giustizia e repressione, minori entrate per le organizzazioni criminali e maggiore controllo della qualità delle sostanze in commercio e della dimensione del fenomeno. Secondo uno studio dell’Università “La Sapienza” del 20097 si stima un beneficio fiscale annuale di quasi 10 miliardi euro dalla legalizzazione del mercato degli stupefacenti: in particolare, l’erario risparmierebbe circa 2 miliardi all’anno di spese per l’applicazione della normativa proibizionista (polizia, magistratura, carceri), ed incasserebbe circa 8 miliardi all’anno dalle imposte sulle vendite (5,5 dalla sola cannabis).
Stesse considerazioni – anche in questo caso sotto un mero profilo contabile - possono farsi sul mercato del sesso. Gli effetti di un proibizionismo di facciata sulla prostituzione sono evidenti: la prostituzione avviene illegalmente nelle strade, in luoghi “dedicati” ed in appartamenti privati8; le donne (dalle 50 e le 70 mila) sono nella gran parte oggetto di sfruttamento da parte delle organizzazioni criminali (con un giro d'affari dai 2,2 ai 5,6 miliardi di euro)9; l’assenza di sistematici controlli pubblici ha permesso una più facile diffusione delle malattie sessuali e lo Stato sopporta costi e sembra non ottenere alcun risultato positivo dall’attività di repressione10. Sicché, un intervento dello Stato, di sia pur parziale regolamentazione, oltre a garantire maggiore sicurezza nei rapporti di sesso occasionale e minori introiti per le organizzazioni criminali, potrebbe assicurare maggiori entrate nelle casse dello Stato.
In sostanza, come detto in precedenza, ragionando in termini rigorosamente economici – sulla base di stime credibili - parliamo di azioni con un duplice beneficio: l’emersione di parte del Pil nascosto,  nelle stime ufficiali permetterebbe al nostro Paese di ridurre il rapporto debito/pil in maniera strutturale.  Del resto, sotto altro aspetto, in termini etici è più riprovevole una politica fiscale che agisca sui mercati cosiddetti illegali (del tipo di quelli prima ricordati) o una promozione pubblica del gioco d’azzardo, che, secondo i dati dell’associazione Libera nel 2011, ha realizzato un fatturato legale per i concessionari privati di 76 miliardi11?

Mario Centorrino
Piero David

1. Ardizzi G., Petraglia C., Piacenza M. e Turati G., Measuring the underground economy with the currency demand approach: a reinterpretation of the methodology, with an application to Italy, Banca d'Italia, Temi di Discussione (Working Papers) Number 864, aprile 2012
2. La denominazione di "economia non osservata" è basata sulle definizioni internazionali contenute nel Sistema Europeo dei Conti Nazionali del 1995 e nell’Handbook for Measurement of the Non-observed Economy dell’Ocse.
3. Rapporto finale sull'attività del gruppo di lavoro Economia non osservata e flussi finanziari guidato dal presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, nell'ambito del cantiere per la riforma fiscale.
4. Danna Serena (a cura), Prodotto Interno Mafia, Einaudi 2011; http://www.eurispes.it/index.php?option=com_content&view=article&id=197:rapporto-italia-2008&catid=40:comunicati-stampa&Itemid=135
5. Secondo il XII Rapporto SOS Impresa (pag. 7), nel 2009 il giro d’affari della criminalità organizzata relativo al traffico di stupefacenti è stimato intorno ai 60 miliardi di euro. http://www.sosimpresa.it/userFiles/File/Documenti4/Rapporto_2009.pdf
6. Andrea Tarquini, L’Olanda vieta i turisti gli spinelli nei coffee shop, la Repubblica 30 maggio 2011;
7. Marco Rossi, Il costo fiscale del proibizionismo: una simulazione contabile, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Settembre 2009.
8. La quantificazione è tratta dall’ultima indagine specifica operata della commissione Affari sociali della Camera. Il 65% delle prostitute lavora in strada, il 29,1% in albergo, il resto in case private.
9. Si vedano le stime elaborate da due esperti di Transcrime, Andrea Cauduro ed Andrea Di Nicola sul giro d'affari alimentato dalla prostituzione in Italia.
10. Centorrino M., Saitta P., Signorino G., Sex industry, profili economici e sociali della prostituzione, Think Thanks 2009.
11. Rizzo Sergio, Riduzione delle agenzie fiscali, i mal di pancia della cattiva politica, Corriere della Sera, 27 giugno 2012.