lunedì 2 giugno 2014


Un voto che può cambiare l'Europa


In genere il voto per le elezioni europee, più di quello per le politiche, non è mai stato solo un voto d'opinione, ma quasi sempre l'espressione di uno stato d'animo dell'elettorato. E' stato così anche in passato quando ad essere premiati nelle elezioni europee erano movimenti come la Rete o partiti non strutturati come i Radicali. Quando i temi del dibattito non sono locali, il voto riflette lo stato d'animo del Paese. E dopo una lunga crisi economica che dura da oltre cinque anni e che nelle politiche economiche europee non ha trovato risposte, era prevedibile una reazione dell'elettorato di tipo nazionalistica o populistica.
E' stato così anche in passato. Nella storia europea alle grandi crisi economiche è seguita sempre una fase politica reazionaria, dove la risposta alla crisi da parte della popolazione impoverita ed impaurita è stata quasi sempre irrazionale. Alla prima lunga recessione del 1873 segui la fase reazionaria di fine secolo, alla grande depressione del '29 seguì il dilagare in Europa di movimenti fascisti e nazisti. La crisi del 2008 ha allargato enormemente il consenso di partiti nazionalisti, ultraconservatori e razzisti.
In Francia, il Front National di Marine Le Pen col 26% è il primo partito, l'Ukip di Nigel Farage in Gran Bretagna è anche il primo partito con il 30,5%, i neonazisti di Alba Dorata hanno preso il 9% e sono il terzo partito in Grecia, in Danimarca il primo partito (Danish party) è nazionalista e contro gli immigrati, in Finlandia il partito nazionalista dei Veri Finlandesi è terzo col 13,2%, in Austria i populisti dell'FPO sono il terzo partito con il 19,9%, in Ungheria una formazione politica antisemita, Jobbik, col 15% è il secondo parti to dietro i conservatori.
Qual è la base elettorale di questi partiti nazionalisti? Quasi sempre ceti popolari, operai, ceti medi impoveriti e giovani disoccupati, poco istruiti, rancorosi e senza una consapevolezza politica dei problemi e delle soluzioni: la colpa è sempre dello straniero e dell'Europa che gli permette di circolare liberamente. In fasi recessive lunghe come quella che abbiamo attraversato, è il ceto medio impoverito che diventa politicamente il bacino di consenso dei partiti reazionari.
L'Europa, col suo eccesso di austerity, regole e burocrazia ha dato il suo contributo all'esasperazione di quella parte della popolazione più colpita dalla crisi. Se negli USA la reazione alla crisi è stata diversa, la ragione sta nelle diverse risposte che nei due continenti sono arrivate per contrastare gli effetti della crisi economica-finanziaria del 2008. La FED ed il governo Obama con una politica fiscale e monetaria espansiva, la BCE e la Commissione Europea sempre attente solo all'inflazione ed al rispetto dei parametri di stabilità finanziaria dei diversi Paesi dell'Unione.
Perché in Italia l'elettorato ha premiato il PD ed il suo segretario-premier con un consenso in termini percentuali storico? Innanzitutto per le stesse ragioni socioeconomiche che negli altri paesi hanno visto crescere il consenso dei partiti euroscettici. Con il famoso provvedimento degli 80 euro Renzi ha tranquillizzato e dato speranza proprio a quel ceto medio impoverito che, negli altri paesi, si è spostato su posizioni reazionarie. Quel ceto che negli ultimi sei anni ha visto ridursi sempre più il proprio potere d'acquisto, avvicinandosi sempre di più alla soglia di povertà, con i provvedimenti di Renzi ha percepito che si può sperare in un cambiamento di rotta, e che bisogna dare fiducia a questo nuovo premier. Se a questa ragione socioeconomica se ne aggiungono due politiche (la frantumazione del centrodestra e l'aggressività insulsa di Grillo) si comprende perché la congiuntura politica è stata favorevole al PD ed a Renzi.
Ovviamente questo non significa che il PD abbia aumentato strutturalmente il proprio consenso. Si tratta appunto di una favorevole congiuntura nella quale gli elettori hanno affidato le loro speranze nel progetto di Renzi. Per consolidare tale risultato il PD ed il suo premier devono riuscire a far uscire dalla stagnazione economica l'Italia con quelle riforme che permettano al Paese di superare i propri limiti strutturali (poca ricerca ed innovazione, produzioni a basso valore aggiunto, mercato del lavoro poco dinamico che valorizza troppo poco le competenze).
Ma il voto italiano è importante soprattutto per l'Europa. Sia per il fatto che è stato premiato un partito al governo decisamente europeista, mentre si sono arginati i consensi degli euroscettici. Ma sono soprattutto perché le dimensioni di tale consenso al Premier che guiderà come Presidente il prossimo semestre del Consiglio Europeo, per la prima volta da quando è nata l'UE, ci permetteranno di presentarci con forza ed autorevolezza davanti ai paesi dell'Unione ed a provare cambiare la politica economica adottata fino ad oggi dalle istituzioni europee.

Dai trattati di Maastricht in poi la politica economica europea si è attenuta sempre ai principi della scuola economica dominante dagli anni '80: i monetaristi. Secondo i quali lo Stato non deve intervenire in economia, lasciando ai mercati il compito di allocare efficientemente capitale e lavoro. Per tali ragioni la politica monetaria della BCE ha avuto sempre come obiettivo solo quello di tenere bassa l'inflazione (inflation targeting) e l'UE ha avuto pochi strumenti a disposizione nei casi di shock asimmetrici. La crisi economica del 2008 ha messo seriamente in discussione l'approccio monetarista. Senza una politica economica espansiva difficilmente l'UE raggiungerà i tassi di crescita degli USA. E una lunga stagnazione potrebbe aumentare ancora i consensi degli euroscettici e fare implodere definitivamente il progetto di un'Europa unita. Per evitare tutto ciò è necessario una maggiore integrazione: armonizzazione delle politiche fiscali e una vera Banca Centrale Europea. Ma soprattutto una nuova politica economica rivolta alla crescita dell'occupazione ed allo sviluppo dei territori. In questo contesto il ruolo dell'Italia, del PD-PSE e di Renzi può diventare decisivo. Se riusciremo ad essere all'altezza della sfida, la nuova Europa parlerà italiano!