venerdì 23 maggio 2014

Perché in queste elezioni europee è importante votare Partito Democratico?
  
Perché la sua proposta politica in tema di euro e di politiche economiche europee è senza dubbio la più convincente.

1) Innanzitutto perché il PD ha una linea chiara sull'euro. L'Europa e l'euro non sono in discussione, ma è la politica economica europea che deve cambiare: meno austerity e più investimenti per lo sviluppo. Fino ad oggi l'unico obiettivo della BCE è stato mantenere basa l'inflazione. Dopo questa lunga crisi economica l'obiettivo delle istituzioni comunitarie deve diventare sostenere lo sviluppo sostenibile.
L'uscita dall'euro per l'Italia rappresenterebbe probabilmente l'anticamera del default ed un immediato tracollo economico e di credibilità.  Chi pensa che fuori dall'euro si possa utilizzare la svalutazione della moneta come strumento per competere sui mercati internazionale, dimentica che l'alta inflazione (oltre ridurre il potere d'acquisto dei possessori di reddito ed erodere i risparmi) comporta anche elevati tassi d'interesse (per evitare che fuggano i capitali). Ed il problema dei tassi d’interesse alti non investe solo i privati nell’acquisto di beni durevoli (casa, automobile) ma soprattutto il governo nella vendita nei circa 400 milioni di euro l’anno di titoli di stato ad investitori nazionali ed esteri.
Più sono alti i tassi d’interessi e più è alto il costo del debito pubblico. Nel 2013, con un tasso circa del 5% abbiamo pagato interessi sul debito per circa 95 miliardi. Con tassi del 15%, il costo degli interessi sarebbe così elevato che il debito pubblico raddoppierebbe, passando da 2,1 a 4 mila miliardi di euro, in soli 5 anni. In sostanza, l’Italia dovrebbe dichiarare default in pochi anni. Negli anni ’80, proprio perché si adottò tale politica economica (cioè di una gestione allegra delle finanze pubbliche, con tassi di interesse e deficit di bilancio elevati), il debito pubblico italiano in rapporto al PIL passò dal 60% di inizio anni ’80 (in linea con gli altri paesi europei) al 123% del 1992, quando venne firmato il trattato di Maastricht.
Se poi per evitare il default si scegliesse di mantenere i tassi di interesse bassi, per impedire la fuga dei capitali bisognerebbe bloccare i flussi in uscita della nostra nuova moneta. In sostanza, nessuno potrebbe ritirare tutti i propri risparmi dalle banche, e nessuno potrebbe comprare valute estere. Neanche quelle imprese italiane che per produrre hanno bisogno di acquistare forniture all'estero.
Aggiungiamo che la conseguenza politica dell'uscita dell'Italia dall'euro sarebbe una crisi di tutta l'eurozona (l'Italia è la terza economia più grande) con l'elevata probabilità che l'euro si frantumi e che anche l'UE, nata con la moneta unica entri in una crisi di difficile soluzione.
2) Qui tocchiamo un secondo punto sull'UE e l'euro poco sottolineato. L'UE non nasce solo per ragioni economiche, ma è un processo lungo e complesso che comincia nel dopoguerra con la costruzione dei mercati dell'energia, del carbone ed in seguito di quello agricolo, ponendosi come obiettivo principale quello di stabilizzare un'area geografica, l'Europa, territorio di conflitti sanguinosi fino al 1945. Dai tempi dei romani, la fase di pace più lunga che ha attraversato l'Europa è proprio quella coincidente con il processo di integrazione del mercato comune continentale. Più si sono integrati i mercati e più si sono ridotti i conflitti. Pertanto l'UE nasce principalmente per ragioni politiche.
Quello che è necessario adesso è rafforzare ancora di più l'integrazione politica dell'UE, costruendo anche una politica estera comune ed armonizzando le politiche fiscali.
3) Ed infine, per cambiare la politica economica dell'UE bisogna superare le teorie economiche sulle quali si sono costruiti i vincoli di Maastricht e le regole di funzionamento della BCE. La teoria economica dominante negli anni '80 e '90, quando è stata definita la strategia di integrazione europea, era quella monetarista, secondo la quale lo Stato non deve intervenire nell'economia, lasciando ai mercati il compito di premiare i migliori e risolvere le crisi. La crisi economica finanziaria del 2008-2009 ha dimostrato che tale impostazione economica non è efficace nelle crisi economiche sistemiche che riducono fortemente la domanda aggregata. Mentre l'approccio adottato in USA dal governo Obama e dalla FED, politica monetaria e fiscale espansiva, ha permesso agli Stati Uniti di uscire dalla crisi rapidamente, recuperando totalmente la disoccupazione prodotta durante la crisi. Questa è la strada che anche l'Europa deve seguire per eguagliare i tassi di crescita USA.

Per questi obiettivi ambiziosi, in Europa bisogna dare forza ad un partito in grado di condizionare le scelte del PSE e del Parlamento Europeo. Questo partito, con tutte le difficoltà dei grandi partiti di massa, è ancora il PD.