martedì 24 settembre 2013

L'evoluzione della Matteonomics

Dopo il ventennio berlusconiano, il nuovo protagonista della politica italiana sembra essere Matteo Renzi, sindaco di Firenze e, molto probabilmente, candidato alla segreteria nazionale del Partito Democratico, ed in futuro, a premier della coalizione di centro-sinistra. Cerchiamo di capire qual è la sua visione dell'economia italiana ripercorrendo l'evoluzione delle sue proposte: dalla discesa in campo (la c.d. Leopolda) nel 2011 al documento preparato dal suo guru economico Yoram Gutgeld per il prossimo congresso del PD (sul tema non esiste letteratura con eccezione di un volume d'occasione: M.Renzi, Oltre la rottamazione, Mondadori, 2013).

1) Il Renzi rottamatore del 2011

Le 100 proposte della Leopolda, presentate nell'ottobre del 2011, si caratterizzavano per una forte innovazione e radicalità, sia dal punto di vista istituzionale (soppressione di una Camera, dimezzamento dei deputati, abolizione delle province, accorpamento dei comuni, abolizione del CNEL, diritto di voto a 16 anni) che dal punto di vista economico, soprattutto sui temi della concorrenza (abolizione dell'IRAP finanziata col taglio dei sussidi alle imprese, riforma degli ordini professionali, antitrust obbligatorio, competizione tra pubblico e pubblico), delle privatizzazioni (si proponeva di privatizzare le prime due reti rai, le municipalizzate, le imprese pubbliche) e delle liberalizzazioni (liberalizzazione del trasporto pubblico regionale). Inoltre, in tema di mercato del lavoro si riprendeva la proposta di Boeri e Garibaldi di un contratto unico a tutele progressive, ed all'interno della riforma degli ammortizzatori sociali, si proponeva un'indennità di disoccupazione universale improntata al criterio del welfare to work sul modello danese.
Per quanto riguarda le politiche pubbliche le proposte erano: investire in poche grandi opere e molte piccole e medie opere, digitalizzare i servizi pubblici, riorganizzare gli uffici della giustizia, valorizzare più efficacemente cultura e turismo. E per quanto riguarda l'accesso tramite concorso nella Pubblica Amministrazione si consigliava l'abolizione del valore legale del titolo di studio.
Un programma vasto con un obiettivo chiaro di forte rinnovamento istituzionale, economico e culturale della struttura repubblicana del Paese.

2) Il Renzi liberal delle primarie del 2012

Nel programma delle primarie del 2012, dove l'obiettivo è la leadership del centro-sinistra alle politiche del 2013, consigliato dal liberal Piero Ichino, vengono ripresi i temi della concorrenza e delle liberalizzazioni, ed adeguato il programma al nuovo contesto economico. Pertanto, rispetto ai 100 punti della Leopolda, viene aggiunta una parte con le proposte relative all'uscita dalla recessione (rivedere il patto di stabilità per consentire ai Comuni virtuosi di investire, ridurre il debito attraverso un serio programma di dismissioni del patrimonio pubblico) ed uno spazio dedicato all'Europa (istituzioni europee al servizio della stabilità e della crescita, elezione diretta da parte dei cittadini europei di una figura che sommi le cariche di Presidente della Commissione e di Presidente del Consiglio europeo, una vera politica estera e di difesa comune). Inoltre si comincia a concedere più spazio nel programma ai temi sociali (dare al 40% dei bambini sotto i tre anni un posto in un asilo pubblico entro il 2018, un forte investimento sulla scuola) ed all'evasione fiscale (un’unica Agenzia per combattere l’evasione, recupero dell’evasione fiscale del 25-30 per cento, da distribuisce alle fasce meno abbienti). Un accenno anche al contrasto alla corruzione ed alla criminalità organizzata.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro si parla esplicitamente di sperimentare in Italia la flexicurity, ispirandosi al modello scandinavo: tutti assunti a tempo indeterminato (tranne i casi classici di contratto a termine), a tutti una protezione forte dei diritti fondamentali e in particolare contro le discriminazioni, nessuno inamovibile; a chi perde il posto per motivi economici od organizzativi un robusto sostegno del reddito e servizi di outplacement per la ricollocazione.
In sostanza, si apre leggermente a sinistra l’impostazione renziana, soprattutto sui temi sociali e sull’evasione, ma l’impianto di base resta liberal: riforma del mercato del lavoro, liberalizzazioni dei servizi, tagli alla spesa pubblica improduttiva.

3) Il Renzi laburista del 2013

Andiamo all’ultima fase dell’evoluzione della Matteonomics, incarnata dal documento al quale sta lavorando Yoram Gutgeld, deputato del Pd e guru economico del sindaco di Firenze, che in forma ancora embrionale è stato pubblicato dal “Foglio” a fine giugno (Cerasa C., Matteonomics - Renzi punta a scalare il Pd con una piattaforma economica “Laburista”, Il Foglio, 27 giugno 2013). Questo terzo documento già dal titolo rivela un approccio differente ai temi economici rispetto al passato da parte di Renzi. Se nelle 100 proposte della Leopolda il termine "sinistra" era assente nel documento, e nel programma delle primarie 2012 ricorreva solo due volte, in quest'ultimo documento già dal titolo si capisce che gli obiettivi sono cambiati: "il rilancio parte da sinistra". Un'espressione che ricorre ripetutamente in questa bozza, nell’introduzione quasi ossessivamente.
A differenza dei documenti precedenti, quest’ultimo contiene un’analisi molto dettagliata del contesto economico italiano, propria di chi studia scientificamente questi temi, soffermandosi sulla competitività e sulla produttività delle imprese. Alle origini della mancata crescita del nostro Paese, secondo Gutgeld, ci sono alcuni problemi di natura strutturale: perdita di competitività, bassa fedeltà fiscale, crescita della spesa pubblica a bassa produttività, investimenti in grandi opere che incidono poco su produttività e occupazione, alto ricorso al debito delle PMI.
Secondo l’analisi di Gutgeld la scarsa competitività delle imprese italiane è legata principalmente agli elevati costi di produzione. Ma non tanto nella sua componente salariale netta, che negli anni è rimasta sostanzialmente costante, quanto nel peso fiscale e nel costo dei servizi. Come riporta in una delle tante tabelle del documento l’economista renziano, il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) è cresciuto del 26% rispetto alla Germania in 10 anni. Di questo aumento solo il 6% è imputabile ai divari di produttività dei due paesi, mentre il restante 20% è conseguenza del cuneo fiscale e del costo dei servizi alle imprese, che si caratterizzano in Italia per bassa produttività ed alti prezzi.
Se per ridurre i prezzi dei servizi privati la proposta è in sostanza di rafforzare le Authority esistenti per renderle più efficaci con obiettivi espliciti di vigilanza e poteri di intervento sui prezzi in caso di scostamenti eccessivi, liberalizzando anche quei settori ancora troppo protetti (prodotti farmaceutici); per migliorare la produttività dei servizi pubblici Gutgeld propone di centralizzare alcune spese (ad es. quelle sanitarie e per il welfare), proseguire la politica di apertura dei mercati e di rimozione dei vincoli alla concorrenza (ad es. separare il gestore della rete ferroviaria RFI dall’operatore ferroviario Trenitalia), adottare Piani Industriali per razionalizzare la P.A. (ad es. riorganizzare le Prefetture).
Per contrastare l'evasione fiscale, cavallo di battaglia da sempre della sinistra, il documento prevede di centralizzare le informazioni sui redditi e sui patrimoni dei cittadini, limitare il pagamento in contante a 500€, obbligare i professionisti ad utilizzare strumenti di pagamento elettronici, collegare Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza ed Equitalia, introdurre la fattura elettronica per i pagamenti tra le aziende ed infine, ridurre le tasse per "incentivare" la fedeltà fiscale. L'idea sarebbe quella di una riduzione immediata dell'Irpef, per un ammontare di 50€, per i redditi netti inferiori a 2000€. Tale intervento, il primo anno, andrebbe finanziato con i tagli alla spesa pubblica, soprattutto vendendo le case popolari agli inquilini, e con l'aiuto della Cassa Depositi e Prestiti. Gli anni successivi si dovrebbe finanziare col gettito atteso dall'azione di contrasto all'evasione.
Questo sembra il punto più debole. Come già Cerase ha evidenziato sul Foglio, la vendita del patrimonio pubblico dovrebbe servire a ridurre lo stock di debito piuttosto che rappresentare un aumento "una tantum" del reddito netto delle fasce meno abbienti della popolazione. Vendere degli assets per finanziare spesa corrente equivale a sottrarre risorse future per consumi presenti: una misura iniqua intergenerazionalmente. Inoltre prevedere un ricavato dal contrasto all'evasione che consenta di ridurre le tasse, senza interventi strutturali più radicali, sa molto più di libro dei sogni che di proposta realizzabile.
Inoltre, nelle schede di Gutgeld manca totalmente una proposta sul mercato del lavoro. Se nel 2011 il modello di riferimento era il contratto unico di Boeri e Garibaldi, e nel programma del 2012 si proponeva la flexicurity di stampo scandinavo, in quest'ultimo documento non si accenna ad alcuna riforma del mercato del lavoro.
Ma ne troviamo, invece, una senza dubbio particolare sul tema dell'occupazione. Gutgeld propone di creare nuovi posti di lavoro con risorse recuperate dai pensionati "ricchi". Scrive l'economista renziano: se per i 500 mila pensionati che percepiscono da 2.405 a 3.367 euro (da cinque a sette volte la pensione minima) si interrompe l'adeguamento all'inflazione per due anni si può recuperare un miliardo di euro. Per le pensioni superiori di sette volte il minimo andrebbero infine previsti tagli del 10 per cento e blocco dell'adeguamento all'inflazione per 3 anni: avremmo così un risparmio di tre miliardi il primo anno e di 3,8 miliardi dal terzo anno in poi. Anche per le pensioni che superano di tre o cinque volte il minimo, quelle che vanno da 1.443 fino a 2.405 euro al mese lordi, si potrebbe pensare di dimezzare l'adeguamento all'inflazione per un anno, con un risparmio di 0,7 miliardi l'anno. Questi risparmi, secondo Gutgeld, potrebbero servire, ad esempio, a finanziare 650 mila giovani in servizio civile o apprendistato a cinquecento euro al mese, come accade in Germania. Con una contraddizione, però, tutta da sciogliere: il rischio di perdita di consenso da parte di un'area consistente di voto (quella dei pensionati) a favore della creazione di easy job, destinata ad allargare il pernicioso problema del precariato.
In sostanza un programma economico meno liberal, con un'analisi più robusta e delle proposte dotate di maggiore concretezza, alcune forse da rivedere. Si perde un po' in radicalità ed innovazione rispetto alle intenzioni degli anni precedenti, ma si guadagna in pragmatismo.
Va rilevata a chiare lettere l’assenza di riferimenti concreti ai divari strutturali del paese, alla necessità di sostenere la lotta alle mafie ed alla corruzione sistemica. Visto da Sud, il programma di Renzi sembra elaborato per un’Italia “svedese” nella quale il Mezzogiorno non è neppure tracciato nella mappa geopolitica.
Impressiona il fatto che questo documento programmatico sia rimasto finora sostanzialmente ignorato dal dibattito pre-congressuale del PD. Quasi a dimostrazione che nel PD, si consideri come elemento di dibattito e di successo, solo il marketing del candidato: quasi un berlusconismo 2.0, presentato in salsa di centro-sinistra.

mercoledì 11 settembre 2013


L'Area metropolitana dello Stretto chiude alle 19

Da oggi (mercoledì 11 settembre n.d.r.) sono in vigore i nuovi orari per il collegamento via mare tra le città di Messina e Reggio Calabria. L'unica compagnia che garantisce l'attraversamento dello Stretto ad oltre un milione di pendolari l'anno, ha stabilito che l'ultima corsa da Messina verso Reggio Calabria sia alle 19.05 nei giorni feriali, alle 19 il sabato e la domenica. Per chi, per ragioni di lavoro o di studio, o per interessi culturali o ricreativi, o per raggiungere l'aeroporto dello Stretto, volesse muoversi in questa area metropolitana, dovrebbe arrivare a Villa San Giovanni, sopportare un costo maggiore, percorrere 15 km di autostrada, senza che ci siano bus di collegamento, ed arrivare a Reggio. Di fatto, alle 19, l'area metropolitana dello Stretto chiude i collegamenti tra le due città capoluogo.
Al Dipartimento di Economia dell'Università di Messina da anni studiamo la condizione economica delle due città e le potenzialità che potrebbe avere in termini di sviluppo la realizzazione di un Area metropolitana dello Stretto. Una maggiore integrazione dei due sistemi territoriali, infatti, permetterebbe una specializzazione funzionale dei servizi (culturali, universitari, sanitari e trasportistici) e quindi una loro migliore efficienza, mettendo a disposizione di ogni cittadino più servizi di più elevata qualità. Ma un altro aspetto è molto importante nella realizzazione di un nuovo modello di sviluppo per il nostro territorio: la costruzione di un'Area metropolitana dello Stretto (con quasi 500 mila abitanti se si considerano solo i due comuni capoluogo e quelli limitrofi, un milione e 200 abitanti se si prendono come riferimento le rispettive province) potrebbe diventare determinante nell’attrazione di nuovi investimenti e capitale umano. Infatti, solo raggiungendo quella massa critica che permette di essere visibili nel contesto di una competizione crescente a scala globale è possibile pensare un modello di sviluppo alternativo a quello da economia assistita che ha caratterizzato i territori meridionali dagli anni '60. Ragionando come singolo comune, senza una strategia di sviluppo complessiva dell'area, non ci sono prospettive  di crescita economica credibili.
E senza crescita e sviluppo economico il default amministrativo sarà sempre dietro l'angolo, al netto della competenza e buona gestione degli amministratori.
Pertanto, l'integrazione delle due città dello Stretto dovrebbe essere un esigenza sentita e perseguita da tutti i soggetti istituzionali. Ed invece, il Ministero dei Trasporti non crede sia utile spendere qualche milione di euro in più per collegare meglio un'area così strategica per il Mezzogiorno e per i traffici del Mediterraneo, l'Autorità Portuale gestisce la zona del porto come se fosse una proprietà privata, l'unica compagnia che collega Messina e Reggio, operando in regime di monopolio, gestisce il servizio con un livello di efficienza e qualità scadente, ed il Comune di Messina mette a disposizione dei circa 5 mila pendolari che ogni giorno attraversano lo Stretto solo quindici posti auto.

In sostanza, non solo nessuno crede nell'integrazione dei due territori, ma si fa di tutto per rendere la vita difficile a chi, come i pendolari, non può fare a meno di attraversare lo Stretto. Eppure basterebbe poco per migliorare il servizio: sarebbe sufficiente che ogni istituzione interessata, invece di pensare esclusivamente ai propri interessi, si occupasse anche di quelli dei cittadini. 

lunedì 9 settembre 2013


Gli avvisi del FSE del Governo precedente: 

meglio bocciarli


Nella precedente legislatura l’Assessorato all’Istruzione ed alla Formazione Professionale aveva provato ad elaborare una politica di sostegno all’Università ed ai Centri di Ricerca della regione.

Innanzitutto riuscendo a fare partire un avviso, istruito da chi l’aveva preceduto, sulla “mobilità dei talenti” che prevedeva un insieme di iniziative (6 misure) a supporto del sistema universitario e della ricerca siciliano: borse di studio per master e progetti di ricerca, e contributi all’assunzione di giovani laureati siciliani, per circa 47 milioni di euro. Di tale avviso era stata bandita la misura 4 che finanziava master di prestigio all’estero per i laureati siciliani (con un impegno di circa 15 milioni di euro). Dopo tale misura (della quale gli studenti invano hanno atteso la terza annualità prevista per febbraio 2013) l’avviso, come risulta dal sito dell’organismo intermedio Sicilia Futura, è stato sospeso. Considerando che tali risorse vanno spese entro il 2015, con questi ritmi molto probabilmente si rischia di perderle. Con buona pace di quelle migliaia di laureati che, non potendo permetterselo, avevano sperato in un sostegno della Regione siciliana alla loro formazione post lauream.

Un secondo bando di circa 8 milioni di euro dedicato alla ricerca in Sicilia era stato pubblicato nel febbraio del 2012 per rafforzare l’occupabilità nel sistema della R&S e stimolare la nascita di spin-off di ricerca in Sicilia. In sostanza si volevano formare nei centri di ricerca siciliani dei borsisti che dopo un anno di attività con i ricercatori fossero nelle condizioni di creare delle start-up che sviluppassero i progetti dei centri di ricerca. Un avviso ambizioso, ma è esattamente quello che serviva per rendere competitivi i territori. E’ ormai teoria consolidata nell’economia regionale il contributo dell’istruzione, della ricerca e dell’innovazione nello sviluppo di un territorio. Nella competizione globale, già adesso, i territori più ricchi sono quelli che hanno investito di più in istruzione, ricerca ed innovazione. Queste sono le basi di qualsiasi programma di sviluppo regionale. Anche la battaglia contro la criminalità organizzata comincia dall’istruzione. Lo scrivono tutti i candidati nei loro programmi elettorali, ma poi nessuno ci crede veramente. E senza dubbio non ci crede la giunta Crocetta ed il suo assessore al ramo, dal momento che la graduatoria definitiva di tale bando, per incomprensibili ragioni, è da mesi in attesa di essere approvata per fare partire i progetti.

E, a dimostrazione di quanto siano distanti programmi elettorali (o proclami) e la concreta attività amministrativa, anche sul tema della legalità c’è un altro avviso, Beni in Comune, dove ci si aspettava un comportamento più attento da parte di chi, come Crocetta, dell’antimafia ha fatto la sua principale battaglia. Tale avviso, infatti, pubblicato nel marzo del 2011, aveva come obiettivo la formazione e l’accompagnamento del personale degli Enti territoriali siciliani (Comuni, Province e Regione) in materia di gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata da parte delle istituzioni universitarie siciliane. Probabilmente interveniva sull’anello più delicato della procedura che dal sequestro porta all’assegnazione dei beni confiscati alla mafia. Insieme ad esperti degli Atenei siciliani e con la collaborazione dell’Assistenza Tecnica del FSE si era riusciti a bandire un avviso che, con un costo ridotto (tre milioni di euro), non solo contribuiva a risolvere criticità amministrative siciliane nelle procedure relative ai beni confiscati alla mafia, ma era diventato una best pratice per altre regioni.

Ma anche su quest’ultimo bando, come per i precedenti, avviso fermo: la legalità per Crocetta ha altre priorità

venerdì 6 settembre 2013



 Le larghe intese alla messinese

Le ultime decisioni dei rappresentanti del Partito Democratico in Consiglio Comunale evidenziano la necessità del PD di Messina di ripristinare la funzionalità degli organismi dirigenti cittadini e provinciali.

La sconfitta elettorale delle amministrative di giugno contro il movimento che sosteneva Accorinti ha le sue ragioni principali nella scelta di parte del nostro elettorato, quello più di sinistra, di votare il candidato movimentista, assimilando il nostro partito a quella classe politica che ha portato la nostra città al quasi dissesto.

Non siamo riusciti a farci percepire diversi dal centro-destra, in discontinuità con le amministrazioni passate, nonostante il PDL, e non il PD, abbia governato in città, alternandosi con i commissari, gli ultimi quindici anni.
La sconfitta elettorale avrebbe dovuto farci riflettere sugli errori commessi e quindi sulla linea da tenere in consiglio comunale. E invece si continuano a fare gli stessi errori.

Essendo all'opposizione, insieme al PDL, di una giunta che ha pescato molto nel nostro elettorato, dovremmo fare di tutto per distinguerci dal centro-destra e tentare di riconquistare parte del consenso perso. Alla prima occasione, invece, su un tema dove la sinistra ha un approccio sociale e culturale molto diverso dalla destra, il PD fa una conferenza stampa congiuntamente al PDL: le larghe intese alla messinese. Rischiando di convincere anche quella parte di elettorato di sinistra che non ci sia nessuna differenza politica tra noi ed il centrodestra nell'amministrazione della città.

Ovviamente questo tipo di errori politici erano prevedibili già dal giorno dopo l'elezione dei consiglieri comunali. E sono la conseguenza della sbagliata composizione delle liste del centrosinistra, formate con un solo criterio: prendere più voti. Imbarcando anche molti consiglieri che fino a qualche mese prima erano nel centro-destra. Ora, se un consigliere cambia idea, matura una nuova visione della società, dei suoi problemi e di come risolverli, e, condividendo spirito, valori di fondo e linea politica del PD, decide di aderirvi e candidarsi, è un fatto positivo, perché rappresenta un valore aggiunto.
Se, al contrario, si candida nel PD, rimanendo culturalmente e politicamente nel centrodestra, allora questo è un problema molto serio. Poiché la presenza di tali consiglieri potrebbe cambiare i connotati politici del PD nelle istituzioni cittadine.

Questa situazione impone pertanto al nostro partito di ripristinare al più presto la funzionalità degli organismi dirigenti, comunali e provinciali, e aprire un confronto continuo con i propri rappresentanti in consiglio comunale, con l'obbiettivo di ricostruire un'identità politica che negli ultimi anni sembra scomparsa.

E' necessario che da questo confronto dentro il partito emerga la linea da tenersi in consiglio comunale su quale rapporto il PD deve tenere con la giunta Accorinti, su come differenziarci in consiglio dal centro-destra ed, infine, sulla definizione di una nostra agenda politica di priorità per la città che permetta al PD di presentare proposte chiare sui temi dell'economia, delle politiche sociali e culturali, e sui trasporti.

mercoledì 4 settembre 2013

La Grillonomics


L'analisi dettagliata del programma economico di Grillo, se da una parte conferma i caratteri di superficialità, ed a volte demagogia, delle proposte del Movimento Cinque Stelle, dall'altra mette in evidenza la comune matrice valoriale con la cultura di sinistra: eguaglianza, sobrietà dei consumi, ambientalismo, democrazia, regolazione del liberismo, difesa dei diritti dei più deboli, sono tutti elementi qualificanti della cultura politica di sinistra.
Dal programma economico di Grillo emerge chiaramente come i soggetti sociali di riferimento del M5S siano due principalmente: il primo, in ordine temporale, sono i precari; l'altro è rappresentato dalle piccole e medie imprese.
I lavoratori precari sono stati i primi che hanno riempito le pagine del Blog di Grillo, raccontando le proprie esperienze di frustrazione e sfruttamento, raccolte dal comico genovese nel volume "Schiavi moderni".
L'altro soggetto sociale di riferimento, più recente, è costituito dalla piccole e medie imprese (PMI), con le quali, soprattutto negli ultimi due anni, si è stretto un rapporto sinergico: tramite i sondaggi promossi sul blog, il M5S è riuscito a costruire una piattaforma programmatica per le PMI che adesso i deputati grillini stanno trasformando in proposte di legge da discutere in Parlamento.
Qui emerge l'altra fondamentale caratteristica del movimento di Grillo che ne fa un soggetto molto più stabile e "strutturato" dei passati movimenti di protesta. Tramite il web Grillo è riuscito ad intercettare l'esigenza di cambiamento e la voglia di partecipazione di quella parte di Paese che si sente in questo momento più a rischio: precari, lavoratori autonomi, piccoli imprenditori.
Se nel secolo scorso erano le sezioni dei partiti di massa la struttura territoriale in grado di percepire cambiamenti e domande della società, adesso, nel secolo dei partiti leggeri questa "struttura" è stata sostituita dal web 2.0, dai blog e dai social network. Questi nuovi strumenti hanno permesso al M5S di diventare punto di riferimento di soggetti che non vogliono fermarsi solo alla protesta, ma che credono di poter cambiare con proposte concrete.
Questo metodo "aperto" di costruzione del programma ne costituisce anche un limite. Non solo in termini di dettaglio e fattibilità della proposta, ma anche per l'impostazione microeconomica che ne deriva. Pertanto mancano nel programma proposte macro sulla politica industriale, sugli interventi per ridurre i divari tra Nord e Sud, su quale politica infrastrutturale o per l'istruzione.

Concludiamo con una considerazione non economica. Se da una parte non si può non biasimare la limitata esperienza e preparazione politica dei grillini eletti in parlamento, dall'altra bisogna ammettere che, senza dubbio, sono tra i pochi rappresentanti delle istituzioni con la volontà di cambiare radicalmente il nostro Paese, e proprio perché mancano di una vera e propria "formazione politica", esprimono tale intenzione senza i filtri del politichese, risultando più efficaci dei loro colleghi dei partiti tradizionali.  Infine, c’è da apprezzare e valorizzare uno sforzo dei grillini di «andare oltre», comune alle diverse generazioni e trasversale alle differenti ideologie, riscoprendo una categoria che la sinistra sembra avere dimenticato: l'utopia.
In relazione alla seduta della Decima commissione consiliare sull'occupazione della Casa del Portuale, è utile fare presente che una parte del Partito Democratico, l'area Civati, a differenza di altri rappresentanti del centro-sinistra al Comune di Messina, condivide su questo tema la posizione della Giunta Accorinti e dell'Assessore Ialacqua.
Innanzitutto sulla questione dell'occupazione non autorizzata della Casa del Portuale. Come forse non tutti i consiglieri comunali sanno, esperienze di centri sociali occupati sono presenti in quasi tutte le medie e grandi città italiane. E se non assistiamo a sgomberi giornalieri di tali luoghi è perchè
da parte delle amministrazioni competenti spesso si riconosce agli occupanti una funzione sociale della loro presenza. Infatti, nella maggior parte dei casi, ad essere occupati sono luoghi degradati. E nel caso del Pinelli, si è recuperato uno spazio abbandonato da anni, dove prima dell'occupazione stazionavano tranquillamente, con buona pace di ben pensanti e consiglieri comunali, prostitute e spacciatori.
Inoltre, la funzione sociale degli spazi occupati, oltre ad attività sociali per bambini ed anziani (come gli occupanti del Pinelli avevano iniziato a svolgere nei spazi del teatro in Fiera prima di essere sgomberati) si esplica anche nella promozione di dibattiti ed informazione alternativa. Democrazia significa dare la possibilità di espressione delle proprie idee anche a quelle minoranze che non si adeguano al pensiero dominante. Ed in tal senso, in tutte le città dove sono presenti i centri sociali, in questi spazi si tollerano attività culturali, musicali o ricreative senza scopo di lucro, non regolamentate. La sperimentazione culturale e musicale è legata alla presenza di questi luoghi e di queste condizioni. Se la musica avesse trovato spazio solo nei locali commerciali non sarebbero cresciuti molti gruppi musicali di hip-hop, rap, ragamuffin, ska, punk. Così anche per le rassegne cinematografiche, gli spettacoli teatrali e le altre forme d'arte. In un contesto come quello di Messina, dove nessuna istituzione investe risorse sulla sperimentazione culturale da almeno venti anni, bisognerebbe apprezzare iniziative spontanee come quella del Pinelli, che danno spazio ad espressioni culturali e politiche alternative.
Anche per quanto riguarda la street art, spesso anche questa si svolge al di fuori della legalità. Ma quando si tratta di artisti e non di vandali, generalmente le amministrazioni tollerano tali espressioni artistiche, poiché valorizzano luoghi degradati. A volte addirittura, tali opere d'arte diventano un'importante attrattiva per i visitatori delle città. Noto è il caso dei murales di Banksy a Bristol, il cui museo gli ha dedicato una mostra nel 2009 che ha avuto 300 mila spettatori in tre mesi. Il murales di via Alessio Valore, realizzato da Blu, uno dei più importanti artisti di strada del mondo, pertanto non può essere trattato come una qualsiasi scritta su un muro.

In conclusione, seguendo l'esempio di altre città, come Roma, che hanno assegnato gli spazi occupati ad alcuni centri sociali poiché ne riconoscevano l'utilità sociale, si consiglia alle istituzioni comunali di promuovere tali attività anziché reprimerle, regolamentando l'uso degli spazi e dei servizi pubblici, ed approcciandosi alla diversità culturale e politica come un'opportunità e non come una minaccia.