L'evoluzione della Matteonomics
Dopo il ventennio berlusconiano, il nuovo protagonista della politica
italiana sembra essere Matteo Renzi, sindaco di Firenze e, molto probabilmente,
candidato alla segreteria nazionale del Partito Democratico, ed in futuro, a
premier della coalizione di centro-sinistra. Cerchiamo di capire qual è la sua
visione dell'economia italiana ripercorrendo l'evoluzione delle sue proposte:
dalla discesa in campo (la c.d. Leopolda) nel 2011 al documento preparato dal
suo guru economico Yoram Gutgeld per il prossimo congresso del PD (sul tema non
esiste letteratura con eccezione di un volume d'occasione: M.Renzi, Oltre la rottamazione, Mondadori, 2013).
1) Il Renzi
rottamatore del 2011
Le 100 proposte della Leopolda,
presentate nell'ottobre del 2011, si caratterizzavano per una forte innovazione
e radicalità, sia dal punto di vista istituzionale (soppressione di una Camera,
dimezzamento dei deputati, abolizione delle province, accorpamento dei comuni,
abolizione del CNEL, diritto di voto a 16 anni) che dal punto di vista
economico, soprattutto sui temi della concorrenza (abolizione dell'IRAP
finanziata col taglio dei sussidi alle imprese, riforma degli ordini
professionali, antitrust obbligatorio, competizione tra pubblico e pubblico),
delle privatizzazioni (si proponeva di privatizzare le prime due reti rai, le
municipalizzate, le imprese pubbliche) e delle liberalizzazioni
(liberalizzazione del trasporto pubblico regionale). Inoltre, in tema di mercato
del lavoro si riprendeva la proposta di Boeri e Garibaldi di un contratto unico
a tutele progressive, ed all'interno della riforma degli ammortizzatori
sociali, si proponeva un'indennità di disoccupazione universale improntata al
criterio del welfare to work sul
modello danese.
Per quanto riguarda le politiche
pubbliche le proposte erano: investire in poche grandi opere e molte piccole e
medie opere, digitalizzare i servizi pubblici, riorganizzare gli uffici della
giustizia, valorizzare più efficacemente cultura e turismo. E per quanto
riguarda l'accesso tramite concorso nella Pubblica Amministrazione si
consigliava l'abolizione del valore legale del titolo di studio.
Un programma vasto con un
obiettivo chiaro di forte rinnovamento istituzionale, economico e culturale
della struttura repubblicana del Paese.
2) Il Renzi liberal delle primarie
del 2012
Nel programma delle primarie del 2012, dove l'obiettivo è la leadership
del centro-sinistra alle politiche del 2013, consigliato dal liberal Piero
Ichino, vengono ripresi i temi della concorrenza e delle liberalizzazioni, ed
adeguato il programma al nuovo contesto economico. Pertanto, rispetto ai 100
punti della Leopolda, viene aggiunta una parte con le proposte relative
all'uscita dalla recessione (rivedere il patto di stabilità per consentire ai
Comuni virtuosi di investire, ridurre il debito attraverso un serio programma
di dismissioni del patrimonio pubblico) ed uno spazio dedicato all'Europa (istituzioni
europee al servizio della stabilità e della crescita, elezione diretta da parte
dei cittadini europei di una figura che sommi le cariche di Presidente della
Commissione e di Presidente del Consiglio europeo, una vera politica estera e
di difesa comune). Inoltre si comincia a concedere più spazio nel programma ai
temi sociali (dare al 40% dei bambini sotto i tre anni un posto in un asilo
pubblico entro il 2018, un forte investimento sulla scuola) ed all'evasione
fiscale (un’unica Agenzia per combattere l’evasione, recupero dell’evasione
fiscale del 25-30 per cento, da distribuisce alle fasce meno abbienti). Un
accenno anche al contrasto alla corruzione ed alla criminalità organizzata.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro si parla esplicitamente di
sperimentare in Italia la flexicurity,
ispirandosi al modello scandinavo: tutti assunti a tempo indeterminato (tranne
i casi classici di contratto a termine), a tutti una protezione forte dei
diritti fondamentali e in particolare contro le discriminazioni, nessuno
inamovibile; a chi perde il posto per motivi economici od organizzativi un
robusto sostegno del reddito e servizi di outplacement per la ricollocazione.
In sostanza, si apre leggermente a sinistra l’impostazione renziana,
soprattutto sui temi sociali e sull’evasione, ma l’impianto di base resta
liberal: riforma del mercato del lavoro, liberalizzazioni dei servizi, tagli
alla spesa pubblica improduttiva.
3) Il Renzi laburista del 2013
Andiamo all’ultima fase dell’evoluzione della Matteonomics, incarnata dal
documento al quale sta lavorando Yoram Gutgeld, deputato del Pd e guru
economico del sindaco di Firenze, che in forma ancora embrionale è stato
pubblicato dal “Foglio” a fine giugno (Cerasa C., Matteonomics - Renzi punta a scalare il Pd con una piattaforma
economica “Laburista”, Il Foglio, 27 giugno 2013). Questo terzo documento
già dal titolo rivela un approccio differente ai temi economici rispetto al
passato da parte di Renzi. Se nelle 100 proposte della Leopolda il termine
"sinistra" era assente nel documento, e nel programma delle primarie
2012 ricorreva solo due volte, in quest'ultimo documento già dal titolo si
capisce che gli obiettivi sono cambiati: "il rilancio parte da sinistra".
Un'espressione che ricorre ripetutamente in questa bozza, nell’introduzione
quasi ossessivamente.
A differenza dei documenti precedenti, quest’ultimo contiene un’analisi
molto dettagliata del contesto economico italiano, propria di chi studia scientificamente
questi temi, soffermandosi sulla competitività e sulla produttività delle
imprese. Alle origini della mancata crescita del nostro Paese, secondo Gutgeld,
ci sono alcuni problemi di natura strutturale: perdita di competitività, bassa
fedeltà fiscale, crescita della spesa pubblica a bassa produttività,
investimenti in grandi opere che incidono poco su produttività e occupazione,
alto ricorso al debito delle PMI.
Secondo l’analisi di Gutgeld la scarsa competitività delle imprese
italiane è legata principalmente agli elevati costi di produzione. Ma non tanto
nella sua componente salariale netta, che negli anni è rimasta sostanzialmente
costante, quanto nel peso fiscale e nel costo dei servizi. Come riporta in una
delle tante tabelle del documento l’economista renziano, il costo del lavoro
per unità di prodotto (CLUP) è cresciuto del 26% rispetto alla Germania in 10 anni.
Di questo aumento solo il 6% è imputabile ai divari di produttività dei due
paesi, mentre il restante 20% è conseguenza del cuneo fiscale e del costo dei
servizi alle imprese, che si caratterizzano in Italia per bassa produttività ed
alti prezzi.
Se per ridurre i prezzi dei servizi privati la proposta è in sostanza di
rafforzare le Authority esistenti per renderle più efficaci con obiettivi
espliciti di vigilanza e poteri di intervento sui prezzi in caso di scostamenti
eccessivi, liberalizzando anche quei settori ancora troppo protetti (prodotti
farmaceutici); per migliorare la produttività dei servizi pubblici Gutgeld
propone di centralizzare alcune spese (ad es. quelle sanitarie e per il
welfare), proseguire la politica di apertura dei mercati e di rimozione dei
vincoli alla concorrenza (ad es. separare il gestore della rete ferroviaria RFI
dall’operatore ferroviario Trenitalia), adottare Piani Industriali per
razionalizzare la P.A.
(ad es. riorganizzare le Prefetture).
Per contrastare l'evasione fiscale, cavallo di battaglia da sempre della
sinistra, il documento prevede di centralizzare le informazioni sui redditi e
sui patrimoni dei cittadini, limitare il pagamento in contante a 500€,
obbligare i professionisti ad utilizzare strumenti di pagamento elettronici,
collegare Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza ed Equitalia, introdurre la
fattura elettronica per i pagamenti tra le aziende ed infine, ridurre le tasse
per "incentivare" la fedeltà fiscale. L'idea sarebbe quella di una
riduzione immediata dell'Irpef, per un ammontare di 50€, per i redditi netti
inferiori a 2000€. Tale intervento, il primo anno, andrebbe finanziato con i
tagli alla spesa pubblica, soprattutto vendendo le case popolari agli
inquilini, e con l'aiuto della Cassa Depositi e Prestiti. Gli anni successivi
si dovrebbe finanziare col gettito atteso dall'azione di contrasto
all'evasione.
Questo sembra il punto più debole. Come già Cerase ha evidenziato sul
Foglio, la vendita del patrimonio pubblico dovrebbe servire a ridurre lo stock
di debito piuttosto che rappresentare un aumento "una tantum" del
reddito netto delle fasce meno abbienti della popolazione. Vendere degli assets per finanziare spesa corrente
equivale a sottrarre risorse future per consumi presenti: una misura iniqua
intergenerazionalmente. Inoltre prevedere un ricavato dal contrasto
all'evasione che consenta di ridurre le tasse, senza interventi strutturali più
radicali, sa molto più di libro dei sogni che di proposta realizzabile.
Inoltre, nelle schede di Gutgeld manca totalmente una proposta sul
mercato del lavoro. Se nel 2011 il modello di riferimento era il contratto
unico di Boeri e Garibaldi, e nel programma del 2012 si proponeva la flexicurity di stampo scandinavo, in
quest'ultimo documento non si accenna ad alcuna riforma del mercato del lavoro.
Ma ne troviamo, invece, una senza dubbio particolare sul tema
dell'occupazione. Gutgeld propone di creare nuovi posti di lavoro con risorse
recuperate dai pensionati "ricchi". Scrive l'economista renziano: se per
i 500 mila pensionati che percepiscono da 2.405 a 3.367 euro (da cinque
a sette volte la pensione minima) si interrompe l'adeguamento all'inflazione
per due anni si può recuperare un miliardo di euro. Per le pensioni superiori
di sette volte il minimo andrebbero infine previsti tagli del 10 per cento e
blocco dell'adeguamento all'inflazione per 3 anni: avremmo così un risparmio di
tre miliardi il primo anno e di 3,8 miliardi dal terzo anno in poi. Anche per
le pensioni che superano di tre o cinque volte il minimo, quelle che vanno da
1.443 fino a 2.405 euro al mese lordi, si potrebbe pensare di dimezzare
l'adeguamento all'inflazione per un anno, con un risparmio di 0,7 miliardi
l'anno. Questi risparmi, secondo Gutgeld, potrebbero servire, ad esempio, a
finanziare 650 mila giovani in servizio civile o apprendistato a cinquecento
euro al mese, come accade in Germania. Con una contraddizione, però, tutta da
sciogliere: il rischio di perdita di consenso da parte di un'area consistente
di voto (quella dei pensionati) a favore della creazione di easy job, destinata ad allargare il
pernicioso problema del precariato.
In sostanza un programma economico meno liberal, con un'analisi più
robusta e delle proposte dotate di maggiore concretezza, alcune forse da
rivedere. Si perde un po' in radicalità ed innovazione rispetto alle intenzioni
degli anni precedenti, ma si guadagna in pragmatismo.
Va rilevata a chiare lettere l’assenza di riferimenti concreti ai divari
strutturali del paese, alla necessità di sostenere la lotta alle mafie ed alla
corruzione sistemica. Visto da Sud, il programma di Renzi sembra elaborato per
un’Italia “svedese” nella quale il Mezzogiorno non è neppure tracciato nella
mappa geopolitica.
Impressiona il fatto che questo documento programmatico sia rimasto
finora sostanzialmente ignorato dal dibattito pre-congressuale del PD. Quasi a
dimostrazione che nel PD, si consideri come elemento di dibattito e di
successo, solo il marketing del candidato: quasi un berlusconismo 2.0, presentato
in salsa di centro-sinistra.
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