domenica 20 novembre 2016

Ragioni economiche..e politiche per votare SI.





Tra le ragioni per votare SI al Referendum Costituzionale, ce ne sono almeno due con ricadute molto importanti sull'economia del nostro Paese: la maggiore stabilità del sistema politico che riforma del bicameralismo perfetto e nuova legge elettorale possono portare; ed il ritorno di alcune competenze allo Stato modificando il Titolo V della Costituzione. Vediamole nel dettaglio.

1) Maggiore stabilità del sistema politico

Quanto durano i governi nei Paesi sviluppati? e quanto in Italia? in Gran Bretagna, USA, Germania, Spagna e Francia mediamente 4 anni. Cioè un premier con i suoi ministri si insediano dopo che vincono le elezioni e vanno avanti sino a fine mandato. In Germania, addirittura, i cancellieri, governano per cicli politici e non per una o due legislature (Kohl dal 1982 al 1998, 4 mandati consecutivi, la Merkel dal 2005 al 2017 con una probabile candidatura per altri 4 anni). Qual è la durata media di un governo in Italia? 12 mesi. Dal 1948 ad oggi si sono avvicendati 62 governi in 68 anni. Di fatto l'Italia è un Paese strutturalmente "instabile". Cioè i governi hanno sempre avuto breve durata, non solo nelle fasi di crisi economica o politica. Per questo nel Parlamento già dagli anni '80 si è affrontato il tema del superamento del bicameralismo paritario con vari tentativi di riforma.

Peraltro in passato, con un sistema politico bipolare, i governi erano instabili, ma almeno si potevano comporre politicamente. Cioè in una legislatura, cambiavano i governi ma la maggioranza rimaneva più o meno la stessa. Adesso in un sistema politico divenuto tripolare  il rischio è proprio che il sistema si blocchi e che si ricorra sempre di più a governi tecnici o a grandi coalizioni che rappresentano entrambi le forme di governo che allontanano maggiormente gli elettori dalla politica.

Con questa Riforma, con la fiducia della sola Camera dei Deputati ed una legge elettorale con premio di maggioranza, si fa un gran passo avanti verso un sistema politico più stabile. Chi vince ha una maggioranza stabile e può governare senza fibrillazioni continue per cinque anni.

Ma perché la stabilità politica è importante? Innanzitutto perché solo un governo che dura per un'intera legislatura può cercare di realizzare le riforme proposte in campagna elettorale. Dopo cinque anni è abbastanza semplice valutare se il governo ha fatto bene o male il proprio lavoro. Con un turn-over continuo di premier e governo le responsabilità sono poco chiare tra i vari attori ed anche questo contribuisce ad allontanare gli elettori dalla politica.

Ma soprattutto la stabilità politica consente di programmare e spendere meglio le risorse per investimenti. Ormai quasi tutte le risorse a disposizione di ministeri (nel caso di governi nazionali) ed assessorati (per quelli regionali) non si trovano nei bilanci ordinari ma nei programmi dei fondi strutturali. Per riuscire a spenderle bene, vanno prima programmate (cioè articolate in bandi pluriennali) e poi spese monitorando i progetti ed intervenendo sulle criticità. Ora se mediamente un governo dura un anno, e quindi ogni 12 mesi cambiano anche ministri o assessori, significa che nei pochi mesi nei quali un ministro rimane insediato deve riuscire a comprendere bene i meccanismi di spesa dei fondi a disposizione, programmare le risorse e pubblicare i bandi. Operazione che generalmente supera i 12 mesi e che quindi ricomincia nuovamente col nuovo ministro o assessore. E' per questo che i nostri ministeri e le nostre regioni non riescono a spendere le risorse dei Fondi comunitari. Una maggiore stabilità politica è correlata ad una maggiore efficienza ed efficacia della spesa.

C'è un terzo aspetto importante economicamente della stabilità politica. Un premier che dura quattro o cinque anni è un interlocutore stabile per gli investitori esteri. Se un fondo internazionale vuole investire in una produzione in Italia, deve avere la certezza che le politiche economiche di quel paese, interlocutori compresi, non mutino rapidamente in un anno.



2) Rapporto tra Stato e Regioni


Con la Riforma costituzionale del 2001 e l'introduzione delle competenze concorrenze tra Stato e Regioni, si sono aperti 1500 contenzioni davanti alla Corte Costituzionale. Se nel 2000 la Corte trattava per circa il 5% delle sue sentenze di rapporti Stato-Regioni, ora si è arrivati al 45%. Che significa un rallentamento di tutta l'attività della Corte e tempi più lunghi per le decisioni. E dato che in molti di questi casi si tratta di decidere la competenza su attività che prevedono investimenti, significa anche che ci sono molte risorse pubbliche e private, disponibili per investimenti, bloccate per i contenziosi tra Stato e Regioni.

A questo possiamo aggiungere che la Riforma in senso federalista del 2001 non ha portato come si pensava ad una maggiore efficienza nell'organizzazione dei servizi pubblici, ma ha comportato esclusivamente maggiori costi: dal 2001 al 2015 la spesa sanitaria è cresciuta da 75 a 110 miliardi di euro.

Con la Riforma del Titolo V che voteremo il 4 dicembre infrastrutture energetiche, porti, aeroporti, energia, politiche attive, commercio con l'estero, turismo e sanità torneranno allo Stato. Con importanti benefici economici soprattutto per i cittadini. La competenza dell'energia nelle mani delle regioni ha comportato spesso ritardi ed inefficienze che significano maggiori spese caricate sulla bolletta energetica del Paese e pagate dai cittadini. Così anche per il Commercio estero: le regioni per promuovere le proprie imprese hanno aperto 178 ambasciate italiane all'estero.

Un'ulteriore aspetto economico rilevante è rappresentato risparmi che deriveranno dall’abolizione del Senato, dalla cancellazione definitiva delle province e del Cnel, dell'eliminazione dei rimborsi per i consigli regionali stimati attorno ai 500 milioni di euro.

3)  Un Paese in grado di cambiare

Un altro elemento molto importante nei mercati internazionali è anche la capacità di un Paese di adottare riforme strutturali per divenire più moderno e competitivo nell'economia globale: un Paese immobilizzato, incapace di cambiare, è senza dubbio poco attrattivo per chi vuole investire risorse e per chi vuole prestargli denaro. Tutti i partiti in Italia condividono il fatto che dobbiamo riformare le nostre istituzioni, ma una volta che si presenta la possibilità di farlo, nonostante due anni di dibattiti e votazioni in Parlamento, si dice che è necessaria un'altra riforma diversa da quella proposta. Ora va chiarito che se il 4 dicembre verrà bocciata questa Riforma Costituzionale, la prossima sarà presentata forse tra una decina di anni. Infatti senza dubbio nei 14 mesi che ci separano dalle elezioni del 2018 non ci sono i tempi per una nuova riforma. E nel futuro Parlamento, con una Camera eletta con l'Italicum, il Senato col proporzionale, e tre poli fortemente in contrasto tra loro, già sarà difficile individuare una soluzione di governo. Quindi per una nuova fase costituente dovremo aspettare forse il 2025.

Riuscire a Riformare la Costituzione darebbe la possibilità all'Italia di presentarsi come un Paese in grado di cambiare e pertanto molto più affidabile per le istituzioni europee e per gli investitori internazionali.

In conclusione una ragione strettamente politica, ma che ha anche delle conseguenze economiche. Se ci guardiamo intorno, in tutti i Paesi occidentali sviluppati, la tendenza politica è estremamente chiara.

In Inghilterra governava un conservatore Cameron che dopo la Brexit ha lasciato la premiership ad un Primo ministro ancora più a destra Theresa May; in Francia alle prossime presidenziali avremo un ballottaggio tra la destra moderata di Sarkozy e quella radicale di Le Pen; in Spagna governerà il moderato Rajoy, con un governo di minoranza; in Germania se va bene rimarrà la Merkel Cancelliere, se va male arriva al governo la destra estrema; e per finire negli USA diventa presidente un miliardario, razzista e protezionista. Ora, in uno scenario politico che guarda pericolosamente a destra, quella più estrema, nell'unico Paese con al governo un partito di centro-sinistra, il PD, e con l'unico premier di centro-sinistra, bocciando il referendum si aprirebbe una crisi politica al buio che, dato il contesto, difficilmente potrà chiudersi con un governo più a sinistra dell'attuale. Certo, se poi qualcuno pensa che Grillo o Salvini siano meglio di Renzi, allora … buona fortuna!