domenica 26 maggio 2013

Rifare il PD in Sicilia


Rifare il PD in Sicilia

di Piero David


Dopo una lunga stagione elettorale e con la nascita del governo Letta, si apre una nuova e difficile fase per il Partito Democratico.
L'elezione del Presidente della Repubblica ha evidenziato le contraddizioni di origine del PD, la mancanza di un profilo identitario, la balcanizzazione dei gruppi dirigenti. Ma proprio le tensioni alle quali è stata sottoposta la struttura del partito a tutti i livelli, e la sua sostanziale tenuta, ha mostrato chiaramente come il punto di arrivo e di ripartenza della sinistra in Italia resti comunque il PD. Non ci sono gli spazi per scorciatoie politiche o partitini. La strada, impervia ma necessaria, è quella di cambiare questo partito, trasformandolo da un amalgama mal riuscito in una comunità con un'identità precisa, con una struttura presente nel territorio, aperta e contendibile.
Questo obiettivo è ancora più importante in Sicilia, anche e soprattutto per le sfide che il Partito Democratico deve affrontare in questa regione. La crisi economica, sociale e politica che vive la Sicilia, va oltre le difficoltà economiche che stanno attraversando l'Italia e gli altri paesi europei stremati dall'austerity comunitaria. Nell'isola, come nelle altre regioni meridionali, la crisi è strutturale. Nasce prima della recessione nazionale e continuerà anche dopo la ripresa. Questa volta non basterà la ripresa dalla domanda nazionale o internazionale per rimettere in piedi una struttura economica regionale che di fatto è scomparsa. L'allarme della Svimez di un rischio deindustrializzazione per le regioni meridionali è l'ultimo dei segnali della fine di un modello per il Sud, quello dell'economia assistita, che ormai da anni stava rapidamente declinando e che con l'ultima crisi finanziaria è sostanzialmente arrivato al capolinea. Il modello basato su massicci trasferimenti di risorse pubbliche, che vedeva circa il 70% dei suoi occupati nelle amministrazioni pubbliche, ed il resto impiegato nei settori trainati dalle spese di questi occupati, edilizia e commercio, non è più compatibile con le regole delle istituzioni comunitarie e la crisi fiscale degli stati nazionali.
Va pensato e costruito un nuovo modello di sviluppo per le regioni meridionali basato su un economia competitiva che valorizzi le risorse che i territori del sud naturalmente possiedono. Nella competizione internazionale, se i territori dei paesi sviluppati vogliono concorrere tra loro mantenendo o migliorando i loro livelli di reddito pro-capite, non possono farlo cercando di produrre quello che altri paesi in via di sviluppo realizzano con un costo del lavoro molto più ridotto. La strada da seguire è quella di sfruttare le risorse proprie non riproducibili in altri contesti, quelle naturali ed identitarie, che rappresentano l'unica materia prima in regime di monopolio per i territori meridionali. E di conseguenza pensare una struttura economica basata su nuovi settori produttivi a valore aggiunto elevato come quelli energetico, culturale e turistico di qualità.
Pertanto per chi fa politica al Sud la sfida è individuare un nuovo modello di sviluppo per il proprio territorio. Una sfida molto complessa che ha bisogno di un partito ed una classe dirigente all'altezza. Un partito con una robusta elaborazione politica in grado di dettare l'agenda politica con un ruolo attivo nei confronti del governo Crocetta. E soprattutto un partito che riprenda la buona abitudine della discussione interna e si presenti davanti l'esecutivo regionale unito ed autorevole. Se un Presidente della Regione decide da solo è perché la maggioranza che lo sostiene, e nel caso siciliano il Partito Democratico, si presenta spaccata e senza una chiara proposta politica.
Ma per avere un partito forte, autorevole e con una classe dirigente competente bisogna ricostruire il PD siciliano, modificando radicalmente la pratica politica che lo ha caratterizzato da quando è nato. Innanzitutto va strutturato nel territorio rafforzando la propria presenza politica e cercando di ricostruire con gli elettori un rapporto che permetta di coglierne le istanze politiche. Poi va ripristinata effettivamente la democrazia interna: non è accettabile nella nostra cultura politica il partito del capo, o dei capi. Purtroppo nella nostra regione è prevalso tale modello, quello del partito istituzionale, dove a decidere sono esclusivamente i deputati, con la ratifica successiva degli organismi dirigenti. Va separata la rappresentanza istituzionale dalla segreteria di partito, ripristinando una dialettica tra i due livelli che consenta una più efficace democrazia interna.
Infine è importante un ultimo passaggio. Va siglato da tutte le componenti politiche un patto generazionale che dia spazio finalmente ad una generazione di giovani dirigenti competenti e maturi per prendersi la responsabilità di guidare il Partito Democratico in questo processo di ricostruzione. Non si tratta solo di "rottamare" qualche anziano dirigente per sostituirlo con un suo giovane fedelissimo. Va promossa una nuova leva di dirigenti, fuori dalla gestione politica degli ultimi anni, che sia in grado di ricomporre le antiche fratture del nostro partito in una sintesi unitaria e che riesca ad intercettare meglio l'esigenza di cambiamento che l'elettorato di centro sinistra, e la società siciliana complessivamente, ci chiede. 

Nessun commento:

Posta un commento